sabato 22 ottobre 2011

Rivoluzione del concetto di fotografia

Alcune delle tecnologie digitali che usiamo non sono nient'altro che la trasposizione di altre equivalenti esistenti nel mondo analogico. Ad esempio una e-mail non è molto diversa concettualmente da una lettera di carta. Lo stesso può dirsi per una fotocamera digitale: alla fine funziona esattamente con il principio di  una vecchia analogica tranne per la pellicola che è stata sostituita da un sensore. In questi casi quello che fa la differenza è la dematerializzazione che consente velocità e quantità prima impossibili: provate a pensare a quante lettere avevate mandato prima di avere una e-mail e quante foto avete scattato con la vostra vecchia macchina fotografica a pellicola... e ora?
La premessa era solo per sottolineare come, a volte, le novità introducano invece concetti nuovi: è il caso della fotografia con sensori light-field che, pur esistendo da un po' di anni, entrerà nei prossimi mesi in un prodotto commerciale ad un prezzo "abbordabile" (anche se altino). Che cos'è? Un sensore che misura il campo luminoso, cioè la quantità e il colore della luce che arriva in un punto anche in funzione della direzione da cui arriva. E cosa cambia in pratica? Che non sarà più necessario mettere a fuoco una fotografia perché è come se registrasse tutte le possibili messe a fuoco e si potrà scegliere successivamente quale usare. Il risultato è che hanno prodotto un oggetto (possiamo chiamarlo ancora "macchina fotografica?) che ha un solo pulsante per scattare la foto, un cursore per lo zoom e nessun'altra regolazione. I tempi di scatto sono brevissimi, grazie all'assenza della messa a fuoco e poi, grazie ad un software apposito (purtroppo solo su Mac per ora!) si può scegliere la messa a fuoco migliore ed eventualmente trasformarla in una foto "normale" oppure anche mantenerla così e lasciar scegliere a chi la guarda.

Purtroppo la forma non sembra molto comoda... ma potrebbe anche essere solo questione di abitudine: io penso che nei prossimi anni tutte le macchine fotografiche adotteranno questa tecnologia.

sabato 8 ottobre 2011

Più veloci della luce?

Le recenti notizie hanno risvegliato il fisico che è in me. L'avrete sentito tutti perché l'hanno spiegato in qualche modo anche i telegiornali: in un esperimento tra il CERN di Ginevra e i laboratori del Gran Sasso è stata misurata la velocità dei neutrini, e risulterebbe superiore a quella della luce di circa lo 0,001 % (che sulla distanza CERN - Gran Sasso fanno circa 60 miliardesimi di secondo). Nessuno degli scienziati si è sbilanciato a prevedere quali ricadute potrebbe avere questo risultato sulle teorie fisiche elaborate finora, ma con grande umiltà e prudenza hanno condiviso il lavoro con la comunità scientifica cercando qualcuno che possa o scoprire un errore nell'esperimento o ripeterlo altrove per confermare la cosa.
Per cercare di capire cosa è stato fatto mi sono letto l'articolo originale: certo non dico di averlo compreso completamente, però devo dire che mi sono chiarito abbastanza le idee.
Partiamo dall'inizio.

Cosa sono i neutrini? Particelle elementari, cioè "mattoncini" che compongono e "fanno funzionare" tutto l'universo. Alcuni tipi di questi "mattoncini" sono più noti: protoni, neutroni, elettroni,... I neutrini, come si può intuire dal nome, sono elettricamente neutri e sono "piccolini". Queste caratteristiche li rendono le particelle più "sfuggenti" tra quelle note, perché non interagiscono praticamente con nulla: noi stessi siamo costantemente "bombardati" da un flusso di neutrini provenienti dal Sole che attraversano tutta la Terra come se fosse trasparente. Se ipoteticamente avessi 100 neutrini e volessi costruire una barriera che ne fermi almeno 50 dovrei costruire un muro di piombo spesso un anno luce cioè circa 10000000000000 Km (sono 13 zeri)!

In cosa consiste l'esperimento? In questo: al CERN hanno un "cannone a neutrini" e un orologio, "sparano" e si segnano l'ora, al Gran Sasso hanno un rivelatore di neutrini e un altro orologio, quando rilevano un neutrino segnano l'ora. Dopo aver misurato la distanza tra il CERN e il Gran Sasso basta dividerla per il tempo misurato e si ottiene la velocità. Semplice no? Beh, a parte gli scherzi è più o meno quello che hanno fatto tranne che la natura sfuggevole dei neutrini e i piccolissimi tempi in gioco rendono necessari un po' di accorgimenti.

Come funziona il "cannone"? Come si può immaginare non è così semplice prendere i neutrini e spararli, per questo si sfrutta un espediente. In uno degli acceleratori di particelle presenti al CERN  che si chiama SPS (non è il famigerato LHC: l'SPS è stato costruito negli anni '70 e misura solo7 km, confronto ai 27 km dell'LHC, viene infatti usato come iniettore di protoni per l'LHC) viene accelerato un fascio di protoni (molto più facili da "maneggiare" rispetto ai neutrini). Dall'acceleratore vengono estratti dei "proiettili", cioè delle porzioni del fascio neutronico della durata di 10 milionesimi di secondo. I "proiettili" di protoni attraversano un bersaglio di grafite spesso 2 m e generano mesoni, una famiglia  di particelle instabili, che hanno cioè una vita brevissima, infatti decadono in pochi miliardesimi di secondo trasformandosi in elettroni e neutrini. La trasformazione avviene in un tunnel lungo circa 1 km successivo al bersaglio di grafite e orientato verso il laboratorio del Gran Sasso. Dalla fine del tunnel il "proiettile" di neutrini viaggia nella crosta terrestre.

Come si rivelano i neutrini? Proprio per la loro capacità di attraversare la materia senza interagire i neutrini sono molto difficili da rilevare. I rivelatori di neutrini sono infatti generalmente composti da grosse quantità di materiale nel quale ci sia una certa probabilità (bassissima) che il neutrino interagisca e da sensori sensibilissimi in grado di identificare anche le poche interazioni che avvengono. Per questo i sensori devono essere schermati il più possibile da fonti esterne, infatti si trovano in cavità sotterranee. Il rivelatore usato in questo esperimento si chiama OPERA, si trova sotto il massiccio del Gran Sasso, negli omonimi laboratori, ed è composto da 150000 mattoncini formati da una pellicola di emulsione fotografica e una lastra di piombo. Per avere un'idea del numero di neutrini rilevati rispetto a quelli spediti  basti sapere che sono stati conteggiati 16111 eventi a fronte di circa 100000000000000000000 (20 zeri) protoni sparati dal CERN.

Come si misura la distanza di circa 730 Km con un margine di errore di 20 cm? Proprio per la piccolissima differenza misurata è necessario che la distanza sia nota con una imprecisione più bassa possibile. Il miglior sistema per misurare una distanza così grande è il GPS, infatti con i ricevitori usati è possibile misurare una distanza con un errore inferiore a 2 cm. Tuttavia il GPS funziona solo all'aperto e in questo caso sia il punto di partenza che quello di arrivo si trovano sottoterra. Per questo le posizioni sono riportate ad un punto all'aperto utilizzando metodi più "classici", la composizione degli errori porta ad un errore di 20 cm. La distanza è stata misurata continuamente nei tre anni in cui si è svolto l'esperimento, infatti, a causa dei movimenti della crosta terrestre, essa è variata di circa 10 cm. Interessante notare che dei 10 cm, 7 sono stati misurati in un solo giorno durante il terremoto dell'Aquila del 2009.

Come si misura il tempo tra la partenza e l'arrivo dei neutrini? Questa probabilmente è la parte più complessa. Come detto all'inizio vengono usati 2 orologi che, oltre ad essere precisi fino al miliardesimo di secondo (e questo si ottiene "facilmente" con un orologio nucleare) devono essere altrettanto sincronizzati tra di loro. Senza entrare nei dettagli i due orologi sono sincronizzati e verificati da istituti metrologici indipendenti entro 2 miliardesimi di secondo. La misura del tempo impiegato ha però un altra difficoltà intrinseca: non è possibile rilevare un neutrino al CERN, mettergli un cartellino con un numero e poi rilevarlo di nuovo al Gran Sasso come si farebbe per un corridore... quindi si procede con metodi statistici. Al CERN esiste un rilevatore del flusso di protoni posto appena prima del bersaglio di grafite, mediante questo sensore si può misurare con grandissima precisione la variazione nel tempo del flusso di protoni, che come si è detto, è un brevissimo impulso (l'ho chiamato "proiettile") ma ha pur sempre una durata piuttosto lunga rispetto ai tempi in gioco. Con una piccola forzatura possiamo dire che si misura la "forma" del proiettile di protoni. A fronte di un "colpo", al Gran Sasso saranno rilevati pochi eventi (o a volte anche nessuno). Ripetendo il "colpo" molte volte si è arrivati, in 3 anni dal 2008 al 2010, a raccogliere 16111 neutrini anche questi riportati con precisione sul grafico rispetto al tempo misurato con l'orologio sincronizzato. Ora riportando su un grafico la media di tutte le "forme" del proiettile, spostate in avanti di tanto tempo quanto impiegherebbe la luce a percorrere i 730 Km e confrontandole con il grafico dei neutrini rilevati ci si aspetterebbe che i due grafici coincidano, invece quello dei neutrini è anticipato di circa 60 miliardesimi di secondo!



sabato 20 agosto 2011

Rinnovamento

Una mano di pittura al blog... spero di trovare il tempo per scrivere un po' di cose che ho in mente.